#Casa per tutti e tutti per la casa. Perché gli immigrati sono tenuti sempre fuori dalle città

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici, dalle volontarie e dai volontari, di Mediterranean Hope (MH), il programma sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Rosarno ed è stato scritto da Ibrahim Diabate.

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In un’Europa attraversata da crisi economiche e identitarie, l’Italia occupa un posto particolare per la sua controversa gestione dei flussi migratori e delle disuguaglianze sociali. I giovani immigrati africani, così come gli italiani poveri, subiscono quotidianamente le conseguenze di un sistema politico ed economico che li emargina e sfrutta la loro forza lavoro. Peggio ancora, le autorità giustificano una spesa pubblica spesso opaca per soddisfare interessi elettorali o clientelari, alimentando un “nuovo razzismo” strutturale. Perché questi giovani immigrati sono tenuti fuori dalla città, socialmente invisibili ma improvvisamente “visibili” quando si tratta di raccogliere la frutta e la verdura da cui dipende l’economia agricola italiana? Questa riflessione esplora i meccanismi politici, economici e sociali che perpetuano questa esclusione.

Sfruttamento sistematico con il pretesto della necessità economica
L’Italia è uno dei Paesi europei in cui l’agricoltura è fortemente dipendente dai lavoratori stranieri. Nel sud del Paese, in particolare in Sicilia, Calabria , nella regione di Napoli e Puglia, migliaia di giovani immigrati africani si svegliano all’alba per lavorare nei campi, sottopagati, senza protezione sociale e alloggiati in condizioni spaventose una segregazione organizzata

Gli immigrati africani sono relegati in:

– Campi informali (ghetti) senza acqua né elettricità,

– Centri di accoglienza sovraffollati,

– Quartieri periferici, lontani dai centri urbani.

Questa esclusione spaziale rafforza la loro emarginazione. Senza un indirizzo fisso, non hanno accesso a un lavoro legale, alla scuola o all’assistenza sanitaria. Eppure, senza di loro, gran parte dell’economia agricola italiana crollerebbe.

Ma perché rimangono nell’ombra? Perché la loro visibilità metterebbe in luce un sistema profondamente ipocrita, in cui chi denuncia l’immigrazione trae silenziosamente profitto dal lavoro degli immigrati. Le autorità preferiscono tenere questi lavoratori “fuori dalla città” perché la loro integrazione sociale implicherebbe diritti, salari dignitosi e condizioni di vita accettabili, tutte cose che l’economia informale non è disposta a offrire loro.

Lungi dall’essere un fenomeno spontaneo, questa invisibilizzazione è una strategia politica ed economica. I giovani immigrati africani devono rimanere in una condizione di precarietà per mantenere bassi i costi di produzione. La loro esistenza è quindi negata, tranne quando si tratta di imporre loro compiti ingrati.

2. La povertà italiana: terreno fertile per un nuovo razzismo

I giovani immigrati africani non vengono solo ostracizzati fisicamente ma anche usati come capro espiatorio. In Italia, molti cittadini, in particolare le classi lavoratrici, soffrono di una crescente povertà. I giovani italiani faticano a trovare un lavoro stabile, le famiglie faticano ad arrivare a fine mese e i servizi pubblici sono in declino.

In questo contesto, le autorità distolgono l’attenzione dei cittadini puntando il dito contro l’immigrazione. Si dice che gli stranieri stanno prendendo il loro posto, che il denaro pubblico viene utilizzato per finanziare i centri di accoglienza invece di aiutare gli italiani in difficoltà. Nasce così un “nuovo razzismo”, un razzismo che non si basa più solo sul colore della pelle ma anche sulla competizione sociale ed economica.

Questo razzismo non nasce nel vuoto

È alimentato da una strategia politica ben collaudata: invece di risolvere i problemi di povertà e disuguaglianza, si preferisce dividere i poveri tra di loro. Le autorità devono giustificare le loro spese non in termini di interesse generale ma di richieste di elettori influenti o di amici ben piazzati. Un sindaco che vuole rimanere in carica non investirà in alloggi per i lavoratori immigrati se sa che gli costerà dei voti.

3. Il paradosso della visibilità: invisibili in città, visibili nei campi

Uno dei paradossi più evidenti è il modo in cui questi giovani immigrati africani vengono percepiti. Nei quartieri residenziali sono dei fantasmi. Non hanno accesso a un alloggio decente, non hanno un lavoro stabile, non hanno un ruolo nella vita pubblica. Eppure sono onnipresenti quando si tratta di lavorare in condizioni difficili ed estenuanti.

Come si spiega questo paradosso?

La risposta è semplice: non vogliamo che diventino cittadini a tutti gli effetti. Le amministrazioni locali e le élite economiche hanno bisogno di una forza lavoro mobile, flessibile e, soprattutto, poco esigente. Se a questi giovani venissero riconosciuti dei diritti, se fosse loro consentito l’accesso all’istruzione e a lavori qualificati, allora non sarebbero più semplici strumenti di produzione.

Ecco perché sono invisibili quando si tratta di condividere la città ma visibili quando si tratta di inchinarsi. Si applica un doppio standard: i lavoratori immigrati devono essere abbastanza numerosi per mantenere l’economia ma non abbastanza integrati per avere un peso nella società.

4. Domande che meritano risposte chiare e sincere

Di fronte a questa situazione, molte domande rimangono senza risposta, o meglio senza risposte sincere da parte dei governi.

?-Perché i giovani immigrati africani, che contribuiscono attivamente all’economia italiana, non hanno accesso agli stessi diritti degli altri lavoratori?

?-Perché le autorità chiudono un occhio sulle condizioni di lavoro disumane dei lavoratori agricoli stagionali, nonostante siano vitali per il Paese?

?-Perché il denaro pubblico viene dirottato verso interessi elettorali piuttosto che verso il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni precarie, siano esse italiane o immigrate?

?-Perché stiamo lasciando prosperare un razzismo basato sullo sfruttamento e sulla paura, quando una politica di vera integrazione andrebbe a vantaggio di tutti?

Il silenzio politico su questi temi è una strategia: non rispondere significa permettere al sistema di continuare. Ma prima o poi questa ipocrisia avrà un costo. Un Paese non può funzionare all’infinito mantenendo una parte della sua popolazione invisibile e sfruttata.

Conclusione:

un futuro incerto, ma scelte possibili.

Il futuro del mondo e dell’Italia dipenderà dalla nostra capacità di uscire da questi schemi di esclusione e sfruttamento. I giovani immigrati africani non possono rimanere invisibili per tutta la vita. Il loro lavoro, la loro presenza e il loro contributo esistono, che ci piaccia o no.

Le autorità hanno una scelta: continuare a perpetuare l’ingiustizia per preservare gli interessi politici immediati, oppure costruire una società in cui tutti, italiani o immigrati, abbiano un posto dignitoso.

Se non cambia nulla, l’Italia, come altri Paesi, dovrà fare i conti con una rabbia silenziosa che, un giorno o l’altro, esploderà. Perché si può essere invisibili in città, ma nessuna persona può rimanere nell’ombra per sempre.Sarebbe interessante che i politici prendessero la giusta decisione politica per risolvere una volta per tutte l’emergenza abitativa che sia per i lavoratori africani immigrati e sia per i fratelli italiani poveri.

Ci sono già strutture pronte ad accogliere le persone, quindi perché non consegnarle a chi ne ha diritto? Dimostriamo un po’ di umanesimo e crediamo che siamo in un Paese in cui i diritti umani sono sacerdotali, quindi tutti devono essere restituiti ai loro diritti e che davanti alla legge siamo tutti uguali, il sudore non ha colore.Siamo stanchi di vivere nei ghetti, vogliamo case per dormire, non solo per vivere.

NB: Verso un risveglio collettivo?

L’Italia è a un bivio: o continua a sfruttare ed escludere gli immigrati africani a vantaggio di pochi, o intraprende riforme profonde (regolarizzazione, lotta al caporalato, trasparenza dei fondi pubblici). I giovani immigrati non sono un “problema”: sono una risorsa, se trattati con dignità.

L’alternativa esiste…#Casa per tutti e tutti per la casa

 

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